By Nicola Hoffmann: architetto, artista visuale, saggista.
L'Arte della Complessità Globale
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La Visione Globale
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Tuttavia manca ancora qualche tassello per completare i parametri della Visione Globale. Il punto è che le evoluzioni non sono né lineari né deterministiche, ma dimostrano piuttosto un carattere di "complessità creativa" alla quale risponde propriamente la Scienza della complessità con la teoria termodinamica dei “sistemi dissipativi” di Ilya Prigogine. Anzitutto vi si afferma che le evoluzioni si manifestano oggettivamente nell'incremento di complessità dei sistemi, come il livello evolutivo di un qualunque sistema si rapporta al grado della sua complessità costitutiva: tanto più è complesso tanto maggiore è il suo grado evolutivo. Va chiarito che il grado di complessità di un sistema corrisponde alla quantità di componenti diversi più la somma delle loro relazioni reciproche. Significa che la semplice unione di componenti diversi rende un insieme piuttosto complicato e conflittuale, mentre con l’incremento delle loro relazioni si evolve verso un sistema complesso. La questione chiave è che l’evoluzione passa attraverso delle “discontinuità”, che si manifestano anzitutto come crisi organizzativa dei sistemi e il cui esito è incerto. Queste discontinuità sono dovute al fatto che quasi tutti i sistemi, inorganici e organici, sono potenzialmente “instabili” a causa della loro costituzione “dissipativa”, cioè esistono consumando energia, per cui dipendono dall’interazione con il loro ambiente da cui ricavano l’energia esistenziale e in cui immettono le scorie, che la termodinamica definisce come entropia: con l’intoppo che l’economia energetica di questo meccanismo ha dei limiti temporali. In altre parole, tutti usano energia nel modo come gli organismi viventi mangiano e defecano, ciò che va bene fino all’esaurimento delle risorse e/o alla sovrapproduzione di scorie, con cui i sistemi entrano in crisi entropica. Questo stato critico, definito “lontano dall’equilibrio”, pone i sistemi di fronte a una “biforcazione” tra due opposti percorsi: o il degrado o l’evoluzione. Tali opzioni sono definibili anche come due tipi di complessità opposte: entropia e sintropia. L'entropia è pari al degrado dei sistemi dovuta all’esaurimento di risorse e all’incremento di scorie, con cui s’afferma una complessità caotica pari allo stadio confusionale tra i componenti, che tende al collasso, la morte; mentre la sintropia corrisponde alla prodigiosa potenzialità dei sistemi a rovesciare la decadenza in rinnovamento –Prigogine parla di “auto-organizzazione” basata sulla coerenza interna- che usufruisce del caos strutturale come stato idoneo alla creatività evolutiva, tramite una riorganizzazione alternativa che ingloba i componenti prima contrastanti, creando cosi un sistema di maggiore complessità. Per questo ordine superiore di complessità sistemica si può usare un termine, antico ma molto appropriato, che è quello di "unione delle differenze".
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Entropo & Sintropo |
Questo stesso dinamismo si verifica in tutti i sistemi, dalle strutture molecolari della materia inorganica a quella organica fino all’universo nel suo insieme, non di meno nei sistemi socio culturali dell’umanità. Basta pensare che le conclusioni di Prigogine siano partite dalla ricerca su come la vita ha potuto evolversi dalla materia non vivente, riuscendo a individuare le suddette dinamiche evolutive in entrambe le sfere, organico ed inorganico, dell’esistente. È il meccanismo interno a quello che si chiama la selezione naturale, che premia la maggiore adattabilità. Si tratta propriamente di un meccanismo di “auto-organizzazione” che subentra nella fase acuta della biforcazione evolutiva, in cui accade che tutti i singoli componenti - molecole, cellule, individui - si comportano come se avessero la consapevolezza dell’insieme e lo inglobano in una nuova e comune economia energetica, caratterizzata da una maggiore coerenza interna. Qui si descrive una sorta di fibrillazione collettiva che a livello atomico molecolare é un fenomeno elettrochimico, come nei sistemi biologici è di carattere istintuale e genetico, mentre nei sistemi socio-culturali questa consapevolezza dell’insieme matura tramite la percezione empatica e l’organizzazione corretta delle informazioni, usando quella particolarità della mente umana che è la coerenza logica. Proiettata sui piani economici, legali, culturale, morale e psicologico, la coerenza logica spiana le contraddizioni dei sistemi sociali, includendo soggetti e aspetti prima esclusi: ciò equivale all’evoluzione verso un sistema più complesso. Secondo la filosofia evoluzionistica di Làszlò, che teorizza il concetto prigoginiano dell’auto-organizzazione in relazione ai sistemi socioculturali della globalizzazione, dove la consapevolezza dell’insieme, cioè la visione della globalità provocata dalle crescenti contraddizioni vicino alla biforcazione storica, sarebbe recepita e manifestata anzitutto dagli individui più perspicaci e con maggiore percezione empatica. Questi individui sono stati definiti come “creativi sociali”, e sono concepiti come i germi antropologici del futuribile “uomo planetario” che abiterà il mondo futuro. È del tutto ovvio che la Global Complexity Art si muova in sintonia a queste ipotesi di futuro, mettendo in circolazione fermenti di creatività evolutiva, per stimolare l’insorgere di una “coerenza dei valori” insieme ad una più ampia empatia estesa a livello planetario, indicati ad includere soggetti e aspetti fin’ora esclusi, ciò che equivale a promuovere il prossimo passo evolutivo dell’umanità.
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Viaggio shamanico nel tempo |
Per concludere questa prima parte dell’introduzione alla creatività che crea il futuro, si dovrà pure accennare alla nuova visione cosmologica della complessità, come ambito generalizzato della concezione evolutiva di Prigogine sin’ora descritta, che è dedotta dal Secondo Principio della Termodinamica, a cui si riferisce ugualmente la sua nuova teoria del “tempo creativo” che sconvolge le cosmologie meccanicistiche del passato. Detto in sintesi per la nuova teoria del tempo di Prigogine lo stato dell’entropia, cioè la fase degenerativa dei sistemi, corrisponde alla tradizionale concezione del "tempo divoratore", mentre nella fase di auto-riorganizzazione creativa dei sistemi, definita anche sintropia, viene a manifestarsi una funzione complementare alla dinamica temporale, non riconosciuta prima, che è quella del "tempo creativo”. In parole semplici, il tempo non solo misura l’invecchiamento ma si manifesta anche nella crescita: un aspetto che sembra ovvio ma non fu mai scientificamente concettualizzato prima. Tanto è vero che la concezione tradizionale del tempo si rapporta ai movimenti meccanici nello spazio, come i periodi orbitali dei corpi celesti che ci danno il calendario e l’ora, mentre la nuova concezione del tempo di Prigogine si rapporta anche alle evoluzioni creative, con le loro fasi di discontinuità e dinamica di progressività irreversibile, che segnano profondamente l’identità dell’esistente. Pertanto Prigogine parla dell’apparente “paradosso del tempo”, riferendosi alla fenomenologia temporale dell’invecchiamento tanto diverso dalla sua fenomenologia con cui si crea e cresce il nuovo, ma dalla cui interazione l’universo intero continua nella sua dinamica esplosiva generata dal big-bang, mentre procede ugualmente a crearsi in modo irreversibile. Diversamente della circolarità ripetitiva delle ore e delle stagioni, ma analogamente alla conta degli anni d.C. e al moderno concetto di progresso, il “tempo creativo” procede in forma cumulativa, ossia irreversibile e nello stesso senso della “freccia del tempo”, creando la “differenza tra il prima e il dopo”. Ebbene, la cosa più paradossale è che questa fenomenologia temporale, di fronte agli occhi di tutti, non è mai stata scientificamente formulata dalla tradizionale cosmologia meccanicistica. Per quanto Einstein, a differenza dei suoi precursori, riconobbe la rilevanza del tempo includendolo nel continum spazio-tempo come quarta dimensione del reale, però in funzione geometrica dello spazio ed equazioni simmetriche di reversibilità, ben diverso dal procedere irreversibile. Il suo è un tempo che, tornando all’origine, è un non-tempo. Tanto è vero che Einstein disse: “il tempo è un’illusione”. Pertanto la nuova concezione del “tempo creativo” di Prigogine, insieme alla cosmologia della complessità e dell’evoluzione universale, spinge ad una generale revisione epistemologica della scienza moderna. Da tempo iniziata col passaggio dalla cosmologia della “creazione finita” a quella della “creazione continua”, gradualmente la revisione epistemologica delinea il cosiddetto “universo post-einsteiniano” con cui la concezione scientifica dominata dalla meccanica viene ridimensionata con il crescente rilievo della termodinamica. Questo comporta il ridimensionamento delle fredde leggi della meccanica, con cui è stata costruita la “civiltà della macchina”, per dare spazio alla termodinamica che si rapporta ai parametri della Vita alimentata dal sole. In quest’ottica Prigogine tratta nel suo noto libro “La nuova alleanza” di una nuova relazione cultura-natura in grado di ricomporre il divario insostenibile tra lo sviluppo della civiltà e il degrado della biosfera. Oltre al fatto che, dato il denominatore comune è la “creatività evolutiva”, in questa prospettiva s’avvicina anche una nuova alleanza tra scienza e arte. Tirando le somme, ipotizzando uno sviluppo mondiale necessariamente di carattere ecosostenibile, che inevitabilmente farà avanzare il rilievo di una cultura della complessità e la relazione arte-scienza, non è del tutto fuori luogo prevedere, in termini di ragionevolezza concreta, il possibile delinearsi di un nuovo umanesimo. In questa prospettiva, insieme alle elaborazioni neo-umanistiche odierne, la Global Complexity Art partecipa a formulare le premesse idonee al concretizzarsi dell’antico sogno di un Umanesimo Globale.
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Nell’insieme delle situazioni drammatiche, che caratterizzano lo stato evolutivo del mondo contemporaneo, si trova la chiave interpretativa di molti dei progetti evolutivi verso una nuova e più organica organizzazione mondiale dell’umanità, in cui si condensa senz’altro il prossimo scalino evolutivo del genere umano. Intanto è da tempo che s’intravedono, per un verso attraverso le alte sfere della finanza e della politica mondiale, l’attuazione progressiva di strategie idonee a instaurare un “nuovo ordine mondiale”; mentre, per un altro verso, intellettuali di tutto il mondo - tra cui quelli già menzionati- e vari gruppi di “creativi sociali”, come quelli che si richiamano ad Ervin Làszlò e il Club di Budapest, lavorano per una revisione epistemologica delle scienze e delle culture, inteso come presupposto per la creazione di una civiltà mondiale basata sulla maturazione di una coscienza planetaria: obiettivi, questi, che includono la mutazione antropologica verso “l’uomo planetario” da tempo sognato dai neo-umanisti. Sarebbero, dunque, i contorni promettenti dell’opzione evolutiva per la salvezza del mondo, tuttavia anche questa opzione non appare semplicemente lineare. Considerando, infatti, il trend dominante della storia contemporanea, non mancano motivi di preoccupazione, in quanto l’evoluzione verso un sistema globale ammette vari modelli che si differenziano dal grado di democrazia reale o della sua mistificazione, e sono sintetizzabili in due tipologie fondamentali. Una è l’evoluzione delle strutture dei poteri del mondo mediante coordinamento di alta complessità nel super-potere di un Impero Globale, che realizzerebbe il “sogno di tutti gli imperi” del passato. Questa ipotesi della super-gerarchia piramidale di un potere globale centralizzato è stata descritta molto bene nel libro “Impero” di Michael Hardt e Antonio Negri, quest’ultimo un noto professore italiano di scienze politiche, che lo definisce come un sistema di governo complesso, legalmente non formalizzato né localizzabile geograficamente, che delimita ampiamente le sovranità nazionali e il reale funzionamento di ogni democrazia, già in fase di progressiva realizzazione (Ed. BUR Saggi, 2003). L’altra opzione di evoluzione consiste nella possibilità di una progressiva e mirata emancipazione antropologica dell’umanità che interagisce con l’evoluzione creativa di una democrazia globale, che potrà realizzare la sua maturazione generalizzando i parametri di una cultura della complessità, che abbatte ogni gerarchia a favore della capacità funzionale. Questo trend è confrontabile con “La prima rivoluzione globale e il futuro dell’umanità”, il libro scritto da A. King e B. Schneider, che descrivono l’evoluzione verso la “prima società planetaria” (Ed. Mondadori, 1992). Questo tipo di progetto mondiale, che propone dei sistemi di democrazia socio-culturale più evoluti con un più alto livello di complessità, ha uno dei suoi più autorevoli profeti nel sociologo francese Edgar Morin, il quale discute le connesse questioni scientifiche e antropologiche nei suoi libri, come quello intitolato “Patria-Terra” (Ed Raffaello Cortina, 1994). Mentre nella sua opera, “La via - Per il futuro dell’umanità”, Morin sottolinea la necessità di un’evoluzione politica verso la cooperazione globale “nella prospettiva di un nuovo umanesimo”, a livello globale naturalmente. In questo contesto si può anche specificare che per il pensiero neo-umanista, come per l’artista tedesco Joseph Beuys, ogni prospettiva storica tende verso un Umanesimo Globale; così per la Global Complexity Art. Inoltre, parlare di umanesimo obbliga il riferimento alla particolare storia culturale dell’Europa, dall’antica Grecia con l’invenzione della democrazia e l’affermarsi dei primi liberi pensatori nella figura dei suoi filosofi, fino all’umanesimo rinascimentale che, passando per l’Illuminismo e la Rivoluzione francese col motto dell'universale verità antropologica di "Libertè-Egalitè-Fraternitè", hanno creato la base della moderna cultura europea, tramite la cui espansione coloniale si è formato il Mondo Moderno con i suoi concetti di democrazia, di libertà e dignità umana. Con l'ipotesi che l'Unione Europea da poco nata, composta da stati con differenti culture e linguaggi che furono nemici acerrimi nel passato e ora cooperano, visti nella prospettiva del futuro, essa ha le migliori premesse a svilupparsi come modello generalizzabile per un sistema sociale mondiale di maggiore complessità: una “unione delle differenze” globale. Oltre al fatto che l’Europa, dopo 500 anni di colonizzazione mondiale con cui ha distrutto innumerevoli culture autoctone, ciò che sottende al marasma contemporaneo, per questo e per la sua eredità culturale unica le "culture unite d'Europa" dovranno investirsi dell’obbligo di moralità storica a dare il massimo contributo possibile all’evoluzione umanistica di un futuro sistema globale. Tuttavia, per concludere va pure menzionato una terza via, siccome nella visione realistica del futuro esistono le probabilità per una combinazione variabile dei due modelli di evoluzione mondiale fin qui ipotizzati; dove il primo predominerà nei tempi più vicini, mentre il secondo modello potrà maturare nei termini di un più lungo percorso. In definitiva è proprio in coincidenza a questi bivi storici che l'Arte della Complessità Globale ha una sua più ampia ragione d'essere.
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