By Nicola Hoffmann: architetto, artista visuale, saggista.

L'Arte della Complessità Globale

Sito in allestimento

Cogliendo la sintesi di ricerche autorevoli, nella prospettiva storica del terzo millennio si pongono di fronte all'intera umanità, come baricentro esistenziale e culturale, tre tematiche interconnesse: GLOBALITÀ – COMPLESSITÀ - CREATIVITÀ EVOLUTIVA. Tra questi temi merita particolare menzione la nuova concezione del "tempo creativo" delineata dal Nobel per la fisica Ilya Prigogine, la quale traina la Scienza della complessità con la nuova cosmologia dell’Universo Creativo, spingendo ad una generale revisione epistemologica delle scienze e delle culture, oltre a promuovere una riflessione sulla dimensione del tempo che, dopo la conquista dello spazio planetario, è la “nuova frontiera” da conquistare. In breve è questo il paradigma propulsivo, il denominatore comune nella creazione del futuro, con cui interagisce la Global Complexity Art realizzando le sue espressioni, compreso il presente testo. Questo approccio artistico si basa sulla relazione neo-umanistica tra arte e scienza, che prosegue sulla strada aperta dal grande artista tedesco Joseph Beuys con il suo concetto di arte allargata.



La  Visione Globale

Il contesto storico è quello della globalizzazione industriale e finanziaria, insieme al suo dispiegarsi nella rete mondiale dei mezzi di comunicazione, ciò che sospinge fitte interazioni tra fenomeni locali e globali. Risulta pertanto che il mondo appare sempre più piccolo mentre implode  gradualmente verso il tempo reale del "villaggio globale" previsto da McLuhan. E' questo anche il territorio esistenziale dell'umanità, quello che si proietta nella configurazione dell'Arte della Complessità Globale, la quale non può che affacciarsi sul panorama variopinto della globalità per creare un quadro adeguato della realtà. Certo, la dimensione globale non è solo uno spazio più ampio, ma è piuttosto l'insieme complesso di differenze spesso confuse e incompatibili, che richiede approcci multidisciplinari e parametri innovativi. Come risposta a tale esigenza, gli approcci e i parametri più idonei sono confluiti nel concetto di Visione Globale, che presiede all'interazione "locale-globale", divulgato particolarmente da Alexander King, membro di quel Club di Roma che salì alla ribalta per via della prima pubblicazione basata sull'ottica globale. Tanto è vero che questo "club" di scienziati, intellettuali e creativi di varie nazioni, fece clamore agli inizi degli anni '70 con il noto rapporto "I limiti della crescita", contenente le previsioni allarmanti sul rapido decrescere dei margini di tolleranza ambientali e delle risorse energetiche non rinnovabili -ciò che si definisce entropia- la cui entità si era potuta verificare per la prima volta con l'analisi complessiva del pianeta Terra. La conclusione logica del rapporto fu l'appello lanciato ai governi di tutto il mondo, ma riferito anche a semplici cittadini, affinché cominciassero a cambiare i vigenti modelli di sviluppo, tanto quelli economici e produttivi, quanto quelli socio-culturali e comportamentali, prima ritenuti indiscutibili e da allora dichiarati senza futuro. 
 

Performance -  Viaggio shamanico nel tempo
 
 
Venendo a parlare della metodologia analitica impiegata nella Visione Globale, lo strumento primario è rappresentato dalla Teoria generale dei Sistemi, ossia l'interpretazione del "mondo come un sistema di sistemi interattivi in evoluzione nel tempo”; tanto è vero che fu applicato anche dal System Dynamics Group del Massachusetts Institute of Technology (il MIT di Boston negli Stati Uniti), che fu incaricato a compilare suddetto rapporto su “I limiti della crescita” convenzionale. L’invenzione della Sistemica si riconduce al biologo austriaco Ludwig von Bertalanffi, 1901-1997; mentre dagli anni ‘60 il massimo teorico e filosofo della Teoria Generale dei Sistemi è rappresentato dalla figura carismatica di Ervin Làszlò. Già membro del Club di Roma e fautore del noto rapporto, Làszlò fondò a Budapest il Gruppo di Ricerca sull'Evoluzione Generale, dato il nesso imprescindibile tra Sistemica ed Evoluzione. Il fatto è che l'interpretazione Sistemica del mondo richiede gli strumenti adeguati per definire le dinamiche evolutive che i sistemi manifestano nel tempo, per cui la Sistemica si completa con i più recenti concetti evoluzionistici che vanno sotto il nome di Evoluzione allargata, ciò che per Làszlò rientra nella Teoria Generale dell'Evoluzione. Con l’aspetto importante che, come la Sistemica interpreta ogni settore della realtà, l'Evoluzione allargata si basa sulla scoperta di leggi evolutive analoghe tanto nei sistemi naturali della Terra e dell'universo intero quanto nei sistemi sociali e culturali dell'umanità. Perciò, la Sistemica e l'Evoluzione allargata, insieme permettono una Visione Globale nello spazio e nel tempo. 
 
Visione Globale spazio-tempo - Arte e Nasa
 

Tuttavia manca ancora qualche tassello per completare i parametri della Visione Globale. Il punto è che le evoluzioni non sono né lineari né deterministiche, ma dimostrano piuttosto un carattere di "complessità creativa" alla quale  risponde propriamente la Scienza della complessità con la teoria termodinamica dei “sistemi dissipativi” di Ilya Prigogine. Anzitutto vi si afferma che le evoluzioni si manifestano oggettivamente nell'incremento di complessità dei sistemi, come il livello evolutivo di un qualunque sistema si rapporta al grado della sua complessità costitutiva: tanto più è complesso tanto maggiore è il suo grado evolutivo. Va chiarito che il grado di complessità di un sistema corrisponde alla quantità di componenti diversi più la somma delle loro relazioni reciproche. Significa che la semplice unione di componenti diversi rende un insieme piuttosto complicato e conflittuale, mentre con l’incremento delle loro relazioni si evolve verso un sistema complesso. La questione chiave è che l’evoluzione passa attraverso delle “discontinuità”, che si manifestano anzitutto come crisi organizzativa dei sistemi e il cui esito è incerto. Queste discontinuità sono dovute al fatto che quasi tutti i sistemi, inorganici e organici, sono potenzialmente “instabili” a causa della loro costituzione “dissipativa”, cioè esistono consumando energia, per cui dipendono dall’interazione con il loro ambiente da cui ricavano l’energia esistenziale e in cui immettono le scorie, che la termodinamica definisce come entropia: con l’intoppo che l’economia energetica di questo meccanismo ha dei limiti temporali. In altre parole, tutti usano energia nel modo come gli organismi viventi mangiano e defecano, ciò che va bene fino all’esaurimento delle risorse e/o alla sovrapproduzione di scorie, con cui i sistemi entrano in crisi entropica. Questo stato critico, definito “lontano dall’equilibrio”, pone i sistemi di fronte a una “biforcazione” tra due opposti percorsi: o il degrado o l’evoluzione. Tali opzioni sono definibili anche come due tipi di complessità opposte: entropia e sintropia. L'entropia è pari al degrado dei sistemi dovuta all’esaurimento di risorse e all’incremento di scorie, con cui s’afferma una complessità caotica pari allo stadio confusionale tra i componenti, che tende al collasso, la morte; mentre la sintropia corrisponde alla prodigiosa potenzialità dei sistemi a rovesciare la decadenza in rinnovamento –Prigogine parla di “auto-organizzazione” basata sulla coerenza interna- che usufruisce del caos strutturale come stato idoneo alla creatività evolutiva, tramite una riorganizzazione alternativa che ingloba i componenti prima contrastanti, creando cosi un sistema di maggiore complessità. Per questo ordine superiore di complessità sistemica si può usare un termine, antico ma molto appropriato, che è quello di "unione delle differenze". 

Entropo & Sintropo


Questo stesso dinamismo si verifica in tutti i sistemi, dalle strutture molecolari della materia inorganica a quella organica fino all’universo nel suo insieme, non di meno nei sistemi socio culturali dell’umanità. Basta pensare che le conclusioni di Prigogine siano partite dalla ricerca su come la vita ha potuto evolversi dalla materia non vivente, riuscendo a individuare le suddette dinamiche evolutive in entrambe le sfere, organico ed inorganico, dell’esistente. È il meccanismo interno a quello che si chiama la selezione naturale, che premia la maggiore adattabilità. Si tratta propriamente di un meccanismo di “auto-organizzazione” che subentra nella fase acuta della biforcazione evolutiva, in cui accade che tutti i singoli componenti - molecole, cellule, individui - si comportano come se avessero la consapevolezza dell’insieme e lo inglobano in una nuova e comune economia energetica, caratterizzata da una maggiore coerenza interna. Qui si descrive una sorta di fibrillazione collettiva che a livello atomico molecolare é un fenomeno elettrochimico, come nei sistemi biologici è di carattere istintuale e genetico, mentre nei sistemi socio-culturali questa consapevolezza dell’insieme matura tramite la percezione empatica e l’organizzazione corretta delle informazioni, usando quella particolarità della mente umana che è la coerenza logica. Proiettata sui piani economici, legali, culturale, morale e psicologico, la coerenza logica spiana le contraddizioni dei sistemi sociali, includendo soggetti e aspetti prima esclusi: ciò equivale all’evoluzione verso un sistema più complesso. Secondo la filosofia evoluzionistica di Làszlò, che teorizza il concetto prigoginiano dell’auto-organizzazione in relazione ai sistemi socioculturali della globalizzazione, dove la consapevolezza dell’insieme, cioè la visione della globalità provocata dalle crescenti contraddizioni vicino alla biforcazione storica, sarebbe recepita e manifestata anzitutto dagli individui più perspicaci e con maggiore percezione empatica. Questi individui sono stati definiti come “creativi sociali”, e sono concepiti come i germi antropologici del futuribile “uomo planetario” che abiterà il mondo futuro. È del tutto ovvio che la Global Complexity Art si muova in sintonia a queste ipotesi di futuro, mettendo in circolazione fermenti di creatività evolutiva, per stimolare l’insorgere di una “coerenza dei valori” insieme ad una più ampia empatia estesa a livello planetario, indicati ad includere soggetti e aspetti fin’ora esclusi, ciò che equivale a promuovere il prossimo passo evolutivo dell’umanità.



  
Viaggio shamanico nel tempo


Per concludere questa prima parte dell’introduzione alla creatività che crea il futuro, si dovrà pure accennare alla nuova visione cosmologica della complessità, come ambito generalizzato della concezione evolutiva di Prigogine sin’ora descritta, che è dedotta dal Secondo Principio della Termodinamica, a cui si riferisce ugualmente la sua nuova teoria del “tempo creativo” che sconvolge le cosmologie meccanicistiche del passato. Detto in sintesi per la nuova teoria del tempo di Prigogine lo stato dell’entropia, cioè la fase degenerativa dei sistemi, corrisponde alla tradizionale concezione del "tempo divoratore", mentre nella fase di auto-riorganizzazione creativa dei sistemi, definita anche sintropia, viene a manifestarsi una funzione complementare alla dinamica temporale, non riconosciuta prima, che è quella del "tempo creativo”. In parole semplici, il tempo non solo misura l’invecchiamento ma si manifesta anche nella crescita: un aspetto che sembra ovvio ma non fu mai scientificamente concettualizzato prima. Tanto è vero che la concezione tradizionale del tempo si rapporta ai movimenti meccanici nello spazio, come i periodi orbitali dei corpi celesti che ci danno il calendario e l’ora, mentre la nuova concezione del tempo di Prigogine si rapporta anche alle evoluzioni creative, con le loro fasi di discontinuità e dinamica di progressività irreversibile, che segnano profondamente l’identità dell’esistente. Pertanto Prigogine parla dell’apparente “paradosso del tempo”, riferendosi alla fenomenologia temporale dell’invecchiamento tanto diverso dalla sua fenomenologia con cui si crea e cresce il nuovo, ma dalla cui interazione l’universo intero continua nella sua dinamica esplosiva generata dal big-bang, mentre procede ugualmente a crearsi in modo irreversibile. Diversamente della circolarità ripetitiva delle ore e delle stagioni, ma analogamente alla conta degli anni d.C. e al moderno concetto di progresso, il “tempo creativo” procede in forma cumulativa, ossia irreversibile e nello stesso senso della “freccia del tempo”, creando la “differenza tra il prima e il dopo”. Ebbene, la cosa più paradossale è che questa fenomenologia temporale, di fronte agli occhi di tutti, non è mai stata scientificamente formulata dalla tradizionale cosmologia meccanicistica. Per quanto  Einstein, a differenza dei suoi precursori, riconobbe la rilevanza del tempo includendolo nel continum spazio-tempo come quarta dimensione del reale, però in funzione geometrica dello spazio ed equazioni simmetriche di reversibilità, ben diverso dal procedere irreversibile. Il suo è un tempo che, tornando all’origine, è un non-tempo. Tanto è vero che Einstein disse: “il tempo è un’illusione”. Pertanto la nuova concezione del “tempo creativo” di Prigogine, insieme alla cosmologia della complessità e dell’evoluzione universale, spinge ad una generale revisione epistemologica della scienza moderna. Da tempo iniziata col passaggio dalla cosmologia della “creazione finita” a quella della “creazione continua”, gradualmente la revisione epistemologica delinea il cosiddetto “universo post-einsteiniano” con cui la concezione scientifica dominata dalla meccanica viene ridimensionata con il crescente rilievo della termodinamica. Questo comporta il ridimensionamento delle fredde leggi della meccanica, con cui è stata costruita la “civiltà della macchina”, per dare spazio alla termodinamica che si rapporta ai parametri della Vita alimentata dal sole. In quest’ottica Prigogine tratta nel suo noto libro “La nuova alleanza” di una nuova relazione cultura-natura in grado di ricomporre il divario insostenibile tra lo sviluppo della civiltà e il degrado della biosfera. Oltre al fatto che, dato il denominatore comune è la “creatività evolutiva”, in questa prospettiva s’avvicina anche una nuova alleanza tra scienza e arte. Tirando le somme, ipotizzando uno sviluppo mondiale necessariamente di carattere ecosostenibile, che inevitabilmente farà avanzare il rilievo di una cultura della complessità e la relazione arte-scienza, non è del tutto fuori luogo prevedere, in termini di ragionevolezza concreta, il possibile delinearsi di un nuovo umanesimo. In questa prospettiva, insieme alle elaborazioni neo-umanistiche odierne, la Global Complexity Art partecipa a formulare le premesse idonee al concretizzarsi dell’antico sogno di un Umanesimo Globale.

La collana del tempo
 
L'insieme degli approcci sin ora annoverati determina le principali coordinate operative che formano la Visione Globale adottata dall'Arte della Complessità Globale. L'immagine che la Visione Globale compone della realtà è profondamente alterato rispetto alla tradizionale visione dell'universo, della Terra e dell'uomo stesso. Essa rivela che la crescente complessità caotica del degrado per un verso, e lo sviluppo in complessità organizzativa per l’altro verso, sono dinamiche complementari che interagiscono nella creazione evolutiva. Inoltre dimostra che tutto si trasforma sotto la spinta dell’evoluzionismo universale; rivelando, in base all’indeterminismo delle biforcazioni, che questo universo animato da continui processi evolutivi, nell’insieme come in ogni sua parte, dimostra di avere un carattere essenzialmente creativo. Per cui la scienza è passata dalla concezione statica della “creazione finita” a quella dinamica della “creazione continua”. Si può aggiungere che la scoperta della creatività universale è stata anticipata da tempo dalle intuizioni dal grande filosofo della scienza Henri Bergson (1859-1941), espresso dal suo concetto di “universo creativo”, a cui fa riferimento anche Prigogine. Si può dire che questo dinamismo universale richiama l'affermazione di Eraclito "tutto scorre", che però va ora completato dicendo “tutto scorre verso il degrado o l’evoluzione”. Infine va sottolineato che la scoperta di questo universale dinamismo evolutivo impone a riconoscere, in primo luogo, che esiste una continuità tra la forza creativa della natura universale e la creatività dell'uomo, e come per il suo tramite la creatività universale sospinge con leggi analoghe l'evoluzione culturale dell'umanità. In secondo luogo si deve riconoscere che l'evoluzione socio-culturale sulla Terra, osservata all'epoca della globalizzazione, ha tutte le caratteristiche del rapido avvicinamento alla fatidica biforcazione, dove le opzioni sono o la catastrofe entropica mondiale o il consapevole coordinamento della creatività umana per l'emancipazione globale verso un sistema di complessità planetaria. È una concezione condivisa da molti scienziati e uomini di cultura di tutto il mondo. Per fare un esempio, è proprio questa logica che ha guidato Alexander King nel suo libro “Questioni di sopravvivenza”, dove ipotizza una “prima rivoluzione globale” e l’avvento di una “società planetaria”. Non a caso King ha scritto questo libro 20 anni dopo il noto rapporto del Club di Roma a cui partecipò lanciando i primi appelli per una “svolta globale”. Da allora è passato molto tempo e siamo entrati nel Terzo Millennio, con una crescente consapevolezza pubblica che s’allarma a livello mondiale per le lentezze governative rispetto ai cambiamenti di rotta richiesto dai vari convegni mondiali indetti dalle Nazioni Unite sul tema del cambiamento climatico, a cominciare dal Summit di Rio del 1992 e il Protocollo di Kyoto del 1997. Mentre in realtà la “svolta globale” è diventata ancora più difficile per la forte industrializzazione di paesi prima arretrati, come Cina, India, Brasile, che necessariamente usano modelli di sviluppo ormai anacronistici, incrementando ulteriormente gli squilibri ambientali pagati da tutto il mondo con crisi eco-climatiche sempre più marcate, i quali riempiono i notiziari con la descrizione di catastrofi che tragicamente continuano ad abbattersi su ogni continente del pianeta. La biforcazione storica s’avvicina vistosamente. Scrive Jeremy Rifkin: “Intanto, i mali che affliggono il mondo globalizzato - crisi economica, disoccupazione, povertà, fame e guerre - sembrano aggravarsi anziché risolversi. A peggiorare le cose, si profila all'orizzonte un catastrofico cambiamento climatico provocato dalle attività industriali e commerciali ad alte emissioni di gas serra, e che già entro la fine di questo secolo potrebbe mettere a repentaglio la vita dell'uomo sul pianeta. La nostra civiltà, quindi, deve scegliere se continuare sulla strada che l'ha portata a un passo dal baratro, o provare a imboccarne coraggiosamente un'altra.” (La terza rivoluzione industriale, Jeremy Rifkin, Ed. Mondadori 2011). In termini simili scrive Luca Mercalli: “Mai tante crisi tutte insieme: clima, ambiente, energia, risorse naturali, cibo, rifiuti, economia. Eppure la minaccia della catastrofe non fa paura a nessuno. Come fare? Ci vuole una nuova intelligenza collettiva” (Prepariamoci, Luca Mercalli –Ed. Chiarelettere 2011).

Finestra sul mondo 1

Nell’insieme delle situazioni drammatiche, che caratterizzano lo stato evolutivo del mondo contemporaneo, si trova la chiave interpretativa di molti dei progetti evolutivi verso una nuova e più organica organizzazione mondiale dell’umanità, in cui si condensa senz’altro il prossimo scalino evolutivo del genere umano. Intanto è da tempo che s’intravedono, per un verso attraverso le alte sfere della finanza e della politica mondiale, l’attuazione progressiva di strategie idonee a instaurare un “nuovo ordine mondiale”; mentre, per un altro verso, intellettuali di tutto il mondo - tra cui quelli già menzionati- e vari gruppi di “creativi sociali”, come quelli che si richiamano ad Ervin Làszlò e il Club di Budapest, lavorano per una revisione epistemologica delle scienze e delle culture, inteso come presupposto per la creazione di una civiltà mondiale basata sulla maturazione di una coscienza planetaria: obiettivi, questi, che includono la mutazione antropologica verso “l’uomo planetario” da tempo sognato dai neo-umanisti. Sarebbero, dunque, i contorni promettenti dell’opzione evolutiva per la salvezza del mondo, tuttavia anche questa opzione non appare semplicemente lineare. Considerando, infatti, il trend dominante della storia contemporanea, non mancano motivi di preoccupazione, in quanto l’evoluzione verso un sistema globale ammette vari modelli che si differenziano dal grado di democrazia reale o della sua mistificazione, e sono sintetizzabili in due tipologie fondamentali. Una è l’evoluzione delle strutture dei poteri del mondo mediante coordinamento di alta complessità nel super-potere di un Impero Globale, che realizzerebbe il “sogno di tutti gli imperi” del passato. Questa ipotesi della super-gerarchia piramidale di un potere globale centralizzato è stata descritta molto bene nel libro “Impero” di Michael Hardt e Antonio Negri, quest’ultimo un noto professore italiano di scienze politiche, che lo definisce come un sistema di governo complesso, legalmente non formalizzato né localizzabile geograficamente, che delimita ampiamente le sovranità nazionali e il reale funzionamento di ogni democrazia, già in fase di progressiva realizzazione (Ed. BUR Saggi, 2003). L’altra opzione di evoluzione consiste nella possibilità di una progressiva e mirata emancipazione antropologica dell’umanità che interagisce con l’evoluzione creativa di una democrazia globale, che potrà realizzare la sua maturazione generalizzando i parametri di una cultura della complessità, che abbatte ogni gerarchia a favore della capacità funzionale. Questo trend  è confrontabile con “La prima rivoluzione globale e il futuro dell’umanità”, il libro scritto da A. King e B. Schneider, che descrivono l’evoluzione verso la “prima società planetaria” (Ed. Mondadori, 1992). Questo tipo di progetto mondiale, che propone dei sistemi di democrazia socio-culturale più evoluti con un più alto livello di complessità, ha uno dei suoi più autorevoli profeti nel sociologo francese Edgar Morin, il quale discute le connesse questioni scientifiche e antropologiche nei suoi libri, come quello intitolato “Patria-Terra” (Ed Raffaello Cortina, 1994). Mentre nella sua opera, “La via - Per il futuro dell’umanità”, Morin sottolinea la necessità di un’evoluzione politica verso la cooperazione globale “nella prospettiva di un nuovo umanesimo”, a livello globale naturalmente. In questo contesto si può anche specificare che per il pensiero neo-umanista, come per l’artista tedesco Joseph Beuys, ogni prospettiva storica tende verso un Umanesimo Globale; così per la Global Complexity Art. Inoltre, parlare di umanesimo obbliga il riferimento alla particolare storia culturale dell’Europa, dall’antica Grecia con l’invenzione della democrazia e l’affermarsi dei primi liberi pensatori nella figura dei suoi filosofi, fino all’umanesimo rinascimentale che, passando per l’Illuminismo e la Rivoluzione francese col motto dell'universale verità antropologica di "Libertè-Egalitè-Fraternitè", hanno creato la base della moderna cultura europea, tramite la cui espansione coloniale si è formato il Mondo Moderno con i suoi concetti di democrazia, di libertà e dignità umana. Con l'ipotesi che l'Unione Europea da poco nata, composta da stati con differenti culture e linguaggi che furono nemici acerrimi nel passato e ora cooperano, visti nella prospettiva del futuro, essa ha le migliori premesse a svilupparsi come modello generalizzabile per un sistema sociale mondiale di maggiore complessità: una “unione delle differenze” globale. Oltre al fatto che l’Europa, dopo 500 anni di colonizzazione mondiale con cui ha distrutto innumerevoli culture autoctone, ciò che sottende al marasma contemporaneo, per questo e per la sua eredità culturale unica le "culture unite d'Europa" dovranno investirsi dell’obbligo di moralità storica a dare il massimo contributo possibile all’evoluzione umanistica di un futuro sistema globale. Tuttavia, per concludere va pure menzionato una terza via, siccome nella visione realistica del futuro esistono le probabilità per una combinazione variabile dei due modelli di evoluzione mondiale fin qui ipotizzati; dove il primo predominerà nei tempi più vicini, mentre il secondo modello potrà maturare nei termini di un più lungo percorso. In definitiva è proprio in coincidenza a questi bivi storici che l'Arte della Complessità Globale ha una sua più ampia ragione d'essere. 

 
Performance - Viaggio shamanico nel tempo
 
 
Il ventaglio di approcci scientifici che compongono il concetto di Visione Globale, insieme a vari apporti provenienti dal mondo dell'arte e della cultura umanistica, fornisce il materiale con cui la Global Complexity Art costruisce l'impalcatura per la creazione di una metaforica "Finestra sul mondo", a cui molte delle sue opere sono dedicate. In senso più ampio, considerando le ripercussioni esistenziali ed antropologiche generati dall'uso della Visone Globale, l'Arte della Complessità Globale si definisce propriamente come "l'Arte di vedere il mondo"; ciò che da pure il nome ad un'altra serie di opere. L'acuirsi della vista in un mondo di visualizzazioni, è un aspetto di emancipazione antropologica da tempo reclamato da Marcel Proust: "Non è importante vedere nuovi paesaggi ma avere nuovi occhi". Per il crescente rilievo che acquista, nella dimensione globale, la capacità di vedere e di visualizzare con gli occhi della mente, una serie di opere correla la Visione Globale al "Globo oculare". Infatti, La Global Complexity Art implica, applica e promuove, i parametri necessari per un nuovo modo di vedere, con una nuova sensibilità, elementi per spalancare gli occhi creando gli spazi per una nuova apertura mentale, ciò che è assolutamente necessaria a visualizzare la globalità del mondo in cui viviamo: è il mondo reale che si estende non solo nello spazio ma anche nel tempo. E' come creare un ologramma mentale con l'immagine del mondo formato dall'accumulazione stratificata della sedimentazione archeologica di reperti del passato. Sono le tracce di avvenimenti e segni dei mutamenti con cui il tempo ha tracciato la topografia storica del territorio mondiale. È l’eredità del mondo passato in attesa di essere coordinato con gli sviluppi del presente per essere proiettati uniti nel futuro del mondo intero.  In questo senso il grande semiologo russo Mikhail Bachtrim ha definito il mondo "un grande cronòtopo", cioè una topografia del tempo, che evolve dalle più lontane origini e si proietta -grazie alla creatività umana- "nei migliori dei futuri possibili" secondo il filosofo Arthur Schopenhauer. In definitiva, la Global Complexity Art dipinge l'immagine del presente collocato tra passato e futuro, dove, infatti, sono radicati la nostra vera identità e la progettualità creativa autentica. Si tratta semplicemente della reale identità umana registrata nel nostro DNA, quella che si conferma nella quotidiana relazione tra sfera locale e globale, giungendo ad ammettere di essere tutti figli della Terra e membri della grande famiglia umana nonché imparentato con gli altri abitanti della Terra. Solo con questa identità allargata gli esseri umani potranno elevare la propria consapevolezza al livello adeguato per diventare cittadini del mondo che hanno in comune quello che Edgar Morin chiama la "Terra-Patria".

 

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